20 maggio 2008

Quante cose. Scrivo in piena notte, una di quelle notti in cui non si può proprio dormire. Sono tornato solo ieri da Ancona, ultima settimana di recite di Arlecchino. Almeno per questa stagione. E, subito prima, dieci giorni in Canada, a Montreal. Quante cose. Riuscire a lasciarne traccia sul blog è un'impresa. Vediamo. Bè. Il Canada è stato un trionfo, vero. Pubblico caloroso quello di Montreal, già scaldato dai primissimi tepori dopo un interminabile inverno sottozero e quindi felice di applaudire gli esotici comici italiani. Bella la gente. Bella la città. Un miscuglio tra vecchia europa e nordamerica che mi è parso decisamente vivibile, civile. Luogo di incontro -e scontro- di lingue e culture, tra aperture e sussulti di separatismo francofono.

Da ricordare la manifestazione in piazza per i sessant'anni dello stato di Israele e la contromanifestazione palestinese. Appena riesco posterò le foto, che mi paiono molto interessanti. A Montreal, in collaborazione con l'attivissimo Istituto Italiano di Cultura, mi sono occupato di organizzare un reading dedicato a Giorgio Bassani. Alla presenza della figlia e con la partecipazione di Sergio Leone e Lorraine Pintal, direttrice artistica del TNM (Théatre du Nouveau Monde). Testi bellissimi. Serata intensa e commovente.
Ma tutto questo è già passato, volato via. Col vento che in Canada soffia forte portandosi via qualche foglia d'acero nuova nuova insieme ai berretti dei rappers.
Ancona
, invece. Al Teatro delle Muse. E qui è stata tutta un'altra musica... Un pò per via del pubblico sonnacchioso. Un pò per un'altra tristissima ragione. Questo glorioso teatro che è rimasto chiuso per anni è stato finalmente riaperto nel 2002 dopo una lunga e costosissima ristrutturazione. All'italiana. Il teatro ha ora una acustica tremenda. Impossibile. Atroce. Non c'è altro modo per dirlo. In sala il riverbero -probabilmente causato dai materiali scelti, oltre che dall'idea di fondo degli esimi architetti progettatori che hanno pensato bene di ispirarsi all'idea di una piazza aperta- rende impossibile per gli spettatori un ascolto decente delle voci degli attori. Bisogna usare l'amplificazione -impianto inizialmente non previsto dal progetto e naturalmente costosissimo- ma con effetti comunque decisamente mediocri. Capite? Come costruire un violino che non suona. Un aereo che non vola... Poveri noi. Diceva bene Eugenio Barba: vascelli di pietra!

Oltre al danno la beffa! Copio e incollo dal sito del teatro:
...il nuovo progetto dei due architetti Danilo Guerri e Paola Salmoni “restaura” un rapporto armonico tra l’interno moderno e le facciate neoclassiche, conservando quanto ha potuto (la scala di ingresso, il vecchio atrio) e creando una continuità concettuale con lo spazio urbano esterno, là dove si pone l’enfasi degli spazi più pubblici del teatro (atrio, foyer, sala delle feste). Il risultato è un teatro-piazza con materiali che riprendono l’anima nomade e precaria della “rappresentazione” (legno e metallo, graticciati e ballatoi) e quella di monumento urbano (mattoni e pietre, forme retoriche e significati collettivi).

Che dio li perdoni: l'anima nomade e precaria... forme retoriche e significati collettivi... E non si sente una mazza!

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 Post del primo luglio 2023. Il tempo passa. Olivia, che non era neppure un pensiero, ha già cinque anni.