19 luglio 2008



-Perchè non ci uccidete subito e la fate finita?
-E che ne sarebbe dello spettacolo?

A proposito di violenza... Ho visto Funny games. Un film di Michael Haneke (quello de La pianista) con protagonisti Naomi Watts e Tim Roth. E mi è venuta voglia di scriverne una recensione. Almeno questa è fiction, non come a Bolzaneto.
Eccola qui. Attenti che svela i contenuti del film!

Due bei giovanotti abbigliati di bianco, educatissimi, con l’aria di essere appena usciti da un prestigioso college americano, si presentano alla porta di una bella casa sul lago. Con la scusa di chiedere delle uova. Tengono poi la famigliola in ostaggio nella loro stessa casa e la massacrano, dopo essersi divertiti (?) per 24 ore a torturarli fisicamente e psicologicamente. -Perché lo fate? Domandano i poveretti, tenuti a bada con una banalissima mazza da golf. E così noi spettatori , disperatamente alla ricerca di un senso. Senza ricevere risposta. Solo i sorrisi inquietanti dei due angioletti biondi. Vuota violenza? Noia esistenziale? Malattia mentale? Crudeltà gratuita? Niente di tutto questo.
I giochini sadici in cui i due si mostrano espertissimi sono in realtà una trappola tesa dal regista direttamente ai poveri spettatori che da subito si identificano di volta in volta con i tre componenti della famiglia e con i loro disperati tentativi di sottrarsi ai torturatori.

Ma un paio di inqudrature ci mettono in guardia e ci permettono prima di intuire e poi di svelare il sadico giochino.

Nella prima parte uno dei due giovanotti in bianco si rivolge alla camera da presa (e dunque direttamente agli spettatori). Era questo che volevate, no? Violenza. Suspence. L’attore rompe così per un attimo la quarta parete e, quasi brechtianamente, il realismo della rappresentazione filmica.
Ma poi l’azione riprende, violentissima e shoccante, e veniamo rituffati negli avvenimenti, totalmente identificati con i protagonisti. Aggrappati alle poltrone. Senza scampo.
Allora il vero giochino divertente del film -la trappola- è: scommettiamo che io –regista onnipotente- riesco a tenere voi spettatori inchiodati alle sedie, per quasi due ore, torturandovi a piacimento e spaventandovi a morte? E senza nessun tipo di giustificazione psicologica di nessun genere. Senza nemmeno una storia. Solo usando ad arte i mezzi del cinema di genere.
Un virtuosismo dunque. E pure dichiarato.
E noi cadiamo nella trappola, che è costruita magistralmente. Alternando la speranza in una possibile fuga a momenti di allucinante impotenza. E veniamo cucinati ben benino, come le vittime nel film. Prima il bambino – e qui si infrange anche un tabù, oltre che le uova dell'inizio– poi il marito, e per ultima la moglie (quella in cui spereremo fino all'ultimo) vengono piegati psicologicamente. Ridotti all’impotenza e poi uccisi. Così, con una facilità spaventosa.
L’altro momento in cui il regista gioca sporco –e allo stesso tempo ci offre un appiglio per sbrogliare la matassa- è quello in cui ci mostra addirittura un rewind dell’azione. Avviene così. La moglie riesce a raggiungere il fucile e –con gran gioia di noi spettatori – a scaricarlo addosso al torturatore più giovane. Finalmente, che gioia! Esultiamo noi vedendo l’aguzzino scaraventato contro il muro dalla forza del colpo, mentre una enorme chiazza di sangue si allarga sul suo petto.
E uno è andato! Si salveranno. Ci salveremo! E invece no. Rewind. Con il telecomando, semplicemente, l’altro angelo della morte riavvolge la pellicola di qualche minuto. Le immagini si muovono rapidamente al contrario, contro ogni logica apparente. Fino all’istante prima che la donna si impadronisca del fucile. E così il giovinotto in bianco glielo impedisce e la stende, con un calcione ben assestato. Non si scappa. E noi spettatori ci rendiamo conto di aver esultato per un’omicidio. Ecco un’altro shock e un'altra rottura del continuum della storia. Il regista ci dice: stiamo giocando. E io faccio e disfaccio le regole, a mio piacimento. Voi siete solo spettatori impotenti, potete solo subire. Io sono il padrone del tempo e degli avvenimenti. E per voi/loro non c’è alcuna speranza. Funny games.
Il film è costruito in maniera impeccabile e gli attori sono straordinari. Certo, senza afferrare il giochino nascosto gli spettatori rischiano una certa dose di frustrazione. E il giochino, in effetti, è ben nascosto. Direi persino rivolto a spettatori piuttosto smaliziati. E si nutre di una notevole quantità di citazioni, soprattutto dal cinema di Kubrick. Il bianco degli angelici violentatori richiama immediatamente i protagonisti di Arancia meccanica. Così pure la loro elegante "ultraviolenza”, come la morbosità di certe situazioni. Infatti anche senza arrivare al “dolce dolce su e giù”, tanto caro ad Alex in Arancia meccanica, la bellissma Naomi Watts riceve la sua buona dose di sevizie sessuali. Mentre la pallina da golf che, rotolando beffarda, annuncia il ritorno dei due è una citazione da Shining.
Che dire. Un bel giochino. Divertente. Terrorizzante. Funny games.

©Stefano de Luca

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 Post del primo luglio 2023. Il tempo passa. Olivia, che non era neppure un pensiero, ha già cinque anni.